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27.3.13

I genitori si separano.


E i figli? Che fine fanno? Come staranno?
Li terra’ la madre, li terra’ il padre….
Giorni stabiliti per le visite, tribunali, avvocati, nei peggiori casi psicologi.
Queste sono appunto le problematiche , che possono insorgere, quando a carico si hanno figli minori.
Ma quando la separazione entra delle vite di figli gia’ grandi, sposarti ,magari con con figli?
Quando il genitore che si separa probabilmente è un nonno a tempo pieno?
Quando la coppia in questione ha alle spalle un matrimonio di 35/40 anni?
Cosa avviene nella vita di questi figli/genitori?
La protagonista di questa spiacevolissima storia è una figlia/mamma, di genitori separati.
Ha scelto di raccontarci la sua storia rimando anonima.

Come sei venuta a conoscenza della separazione?
Cosa è successo fuori e dentro di te?
“Papa’ ha un’altra donna, tuo padre mi ha tradita”
E’ stato il risveglio piu’ brutto della mia vita, quel risveglio dove le parole non lasciano spazio alle reazioni.
Il mio corpo inerte, ma la mia mente in quella frase ha ripercorso tutta la mia vita, rivivendo i momenti piu’ belli di vita familiare e cancellando quelli brutti.
Probabilmente non volevo accettare quella frase e quell’evocare immagini belle mi ha sicuramente tutelata dall’avere una reazione emotiva, che in quel momento non avrebbe di certo aiutato mia madre.
Ma dopo il “risveglio” le mille domande i mille pensieri e i mille perché.
Non sono mai andati d’accordo, fanno bene ,hanno preso la decisione giusta!
Ma perché papa’ non l’ha detto prima della sua relazione? (si sarebbero tolti un peso entrambi).
Perché papa’ mi ha ferita?
Perché papa’ mi ha voluto dare questo enorme dolore?
Perché papa’ non ha pensato a me, a noi, ai suoi figli?
Piu’ le domande avanzavano nella mia mente, piu’ il petto mi  faceva male.
Quelle domande mi stringevano il cuore recandomi un dolore mai provato sino ad ora.
E nella mia mente, invadente un’ immagine, oserei dire il colpo di grazia.
Eccoli mamma e papa’, vecchi, pieni di rughe, eccoli li dopo il “vaffanculo, sorridenti si scambiano una carezza in segno di pace”.
Eccoli li IMBRONCIATI, ma ancora insieme.

20.3.13

New York il nostro sogno,Sandy il nostro incubo.



Francesco e Fabio, due amici, una passione comune, un sogno da condividere.
“The ING New York Marathon”
LA MARATONA DI NEW YORK.
Le emozioni, le delusioni e la "voglia" di correre in un sogno.


                                                             
Prima di chiedervi della maratona ,vorrei sapere cari Francesco e Fabio, da dove nasce l’amore per il podismo?
Francesco dice:   Sono passati gia’ 30anni.
Ricordo le uscite di corsa, ricordo gli allenamenti, ma ricordo bene che il mio amore non era affatto  per il podismo, ma bensì per il calcio.
“Corricchiavo” per prepararmi alle partite e non certamente per le gare podistiche.
Poi un bel giorno un mio caro amico,mi ha convinto ad iscrivermi ad una società podistica.
Da li ho iniziato a fare delle I.V.V.(corse a partenza libera) e poi successivamente le gare del Piede D’oro (circuito di gare della provincia di Varese).
E quando arrivai a percorrere le distanze della mezza maratona (21.097m), l’amore per la corsa era gia bello che conclamato.
Ho macinato tanti di quei km da aver perso il conto,ma la passione per le maratone è nata “invecchiando da runner”,facendo esperienza di gare, allenamenti e infortuni.

Fabio dice:  Ero un adolescente sui 17 anni, con una corporatura non certo esile come quella dei runner, ma piuttosto corpulenta.
Praticavo lo sport del basket,ma con scarsissimi risultati(anche se con tanta passione).
Mi misi in testa di perdere del peso,per “migliorare le prestazioni nel basket”
quale metodo migliore per farlo? … CORRE.
La scontatissima corsa, il metodo che tutti i “grassocci” adoperano per dimagrire.
Purtroppo nemmeno in questo nuovo sport noto di eccellere,ma ricordo che la mia andatura da “tartaruga” un giorno permise ad un vero runner,di avvicinarsi a me e “aiutarmi” .
Mi ha allenato,spronato e fatto gareggiare ,quel runner, diventato grande amico.
Ha gioito con me delle mie “vittorie podistiche” e ha saputo “consolarmi nelle sconfitte”.

19.3.13

PREFAZIONE


L’uomo passò zoppicando sorreggendosi ad un bastone talmente usurato che sembrava aver sorretto l’intera umanità. Si fermò davanti ad un bar e si lasciò sedere. “Un bicchiere d’acqua”, chiese alla barista. “Altro?” domandò lei con aria assente, triste, trasandata. L’uomo la fissò appena. Appoggiò il bastone sul bordo del tavolo e si accomodò meglio. “Si, raccontami la tua storia.”
La barista lo guardò perplessa. “Come… ma… io non credo che…” Ma senza accorgersene si ritrovò seduta accanto all’uomo lasciando uscire quello che aveva per troppo tempo tenuto dentro. La donna raccontava e l’uomo ascoltava. Ogni tanto piangevano, ogni tanto lui la confortava, spesso ridevano.
“Grazie”, disse l’uomo alla fine. “Di cosa?” chiese la barista rendendosi conto solo ora del tempo che aveva perso nel suo lavoro. “Più che grazie dovrei chiederti scusa per averti tenuto qua a sorbirti le mie lamentele ed i miei dolori. A cosa è servito poi…”
“E’ servito che io mi fermassi un attimo nel mio cammino”, sorrise l’uomo. “Ero stanco e solo. Ma mi son seduto ed ora mi sento già meglio e so di non essere più solo. So che posso rialzarmi e so che posso continuare a camminare perché qualcuno già lo ha fatto prima di me.” E l’uomo dicendo questo si alzò e riprese il suo cammino, di buon passo.
La barista lo guardò allontanarsi fino a che scomparve dalla sua vista. Era ancora seduta e solo allora si accorse del logoro bastone lasciato appoggiato al tavolino del bar. Solo allora si rese conto di non avere neppure portato il bicchiere d’acqua all’uomo. Solo allora si rese conto di riuscire di nuovo a respirare a pieni polmoni. Sorrise, si sistemò il vestito stropicciato e riprese il suo lavoro. “Desidera?” chiese ad un altro cliente. E lo chiese col sorriso
Perché ogni giorno si possono trovare tavolini di bar, si possono incontrare bariste ed uomini zoppicanti. Si tratta solo di decidere se sedersi oppure no, si tratta di decidere se “perdere” quella manciata di tempo. E seduti ci si accorge che ogni storia, ogni gioia, e soprattutto ogni dolore non è chiuso in se stesso in modo sterile ma piuttosto è spesso, oserei dire sempre,  una nuova fonte di speranza per continuare a camminare, e camminare meglio. E questo spazio è uno di quei tavolini a cui sedersi
                                                                                                               
                                                                                                               Teo, by Tegamigroup